_ sabato 24.11, dalle 22.30
GANJA’N’BASS
serata antiproibizionista in favore dell’autoproduzione
raccolta fondi per i famigliari di Aldo Bianzino
Aldo Bianzino era un falegname vegetariano di 44 anni. Viveva con la famiglia a Pietralunga, un paese sulle colline umbre. Il 12 ottobre Aldo è stato arrestato per coltivazione di canapa indiana nel suo orto. Due giorni dopo, nel carcere di Capanne, è stato pestato a morte dai secondini, che
inizialmente hanno tentano di liquidare il decesso attribuendolo a un problema cardiaco. Grazie alla "tecnica" di pestaggio, il corpo di Aldo non presentava infatti all’esterno alcuna contusione. Il medico legale ha però riscontrato 4 ematomi cerebrali, fegato e milza rotte, 2 costole fratturate. Aldo lascia moglie e figli.
Il fatto che questo ennesimo episodio di violenza istituzionale sia, nello specifico, generato da un movente proibizionista, riporta l’attenzione (se ancora ce ne fosse bisogno) sulla necessità di un’immediata e totale liberalizzazione.
Sicuramente la canapa dà fastidio al sistema, ma non per i falsi motivi salutistici che le istituzioni vogliono farci credere. Il Programma Internazionale di Controllo della Droga implementato dalle Nazioni Unite ha da subito creato una sospetta confusione tra la cannabis indica e la canapa in generale, vietando con la scusa della "droga" la coltivazione di questa materia prima che, se liberalizzata, influenzerebbe in qualche modo gli attuali equilibri economici relativi alla monopolizzazione delle risorse. La canapa è infatti uno dei pricipali concorrenti del petrolio, oltre che dell’acciaio, del tabacco e dei numerosi assemblati chimici con cui vengono fabbricati molti oggetti di consumo quotidiano. Condizionando pesantemente gli assetti globali, la lobby composta da politici e industriali, ha anche la tendenza a ostacolare – laddove non arriva addirittura a reprimere – ogni forma di autoproduzione da parte dei singoli. Autoprodurre anziché comprare è un gesto radicalmente trasgressivo, nella misura in cui costruire alternative al capitalismo è ancora più rivoluzionario che limitarsi a boicottarlo e a smascherarlo sulle pubbliche piazze. Biocarburanti, farmaci, materiali edili, cosmetici, tessuti, carta, bioplastiche, etc. sono tutti prodotti derivabili dalla canapa in maniera semplice ed economica. Acquisendo una minima cultura sull’autoproduzione, ognuno potrebbe addirittura creare a casa propria tutte queste cose… sicuramente troppe cose perché i tentacoli del sistema lascino che questa pianta cresca libera ai bordi delle strade.
Info: http://veritaperaldo.noblogs.org]
COLLETTIVO.INDIPENDENTE.MARIJUANA.AUTOPRODOTTA
http://www.myspace.com/cimafamily
http://cimasound.blogspot.com
La morte di Aldo come quella di molti altri in questi anni non è causa del proibizionismo ma è un’omicidio di stato per mano dei suoi apparati e non bisogna aver paura di denunciarlo.
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Lettera di Giuseppe Bianzino (padre di Aldo)tratta dal Il Manifesto del 16 novembre 2007
Cari amici de Il Manifesto, sono il papà di Aldo Bianzino (morto di percosse nel carcere di Perugia il 23/10 dopo essere stato arrestato per detenzione di marijuana, ndr) vi chiamo amici perchè, pur non conoscendovi personalmente, vi ho sentiti vicini nella tragedia che ci ha colpiti. Io e mia moglie desideriamo vivamente ringraziare voi e tutti coloro che hanno seguito e raccontato i fatti. Un grazie va a Luigi Manconi, al quale in particolare ci affidiamo perchè non molli e faccia di tutto per arrivare alla verità e identificare i colpevoli, e alla signora Maria Ciuffi, la mamma di Marcello Lauri che era stata colpita da una tragedia uguale e che ci ha scritto una lettera che voi avete pubblicato. Unisco a questa lettera alcune mie riflessioni delle quali mi assumo in ogni caso tutta la responsabilità scaricando eventualmente voi.
1. Quelli che hanno massacrato Aldo si sono comportati come i componenti della famigerata banda banda Koch, o come gli aguzzini di Videla o Pinochet. In quella gente però c’era una diversità: combatteva in modo ignobile, contro qualcuno, aveva una parte avversa, inerme e debole, ma comunque avversa che stava “dall’altra parte”, che, almeno ai loro occhi, si configurava come “nemico”. Lungi dall’essere una giustificazione, questa se non altro può essere un spiegazione. Ma Aldo, di chi poteva essere “parte avversa”?
2. Il direttore del carcere chiama se stesso e la sua organizzazione fuori da ogni colpa: ma in quel carcere che si definisce di “sicurezza”, non era forse lui prima di tutti il responsabile di ciò che avveniva, della vita e della salute di chi gli era stato affidato? Si possono paragonare tra loro l’illegalità (secondo la legge italiana attuale) di coltivare piante di cannabis e le sevizie mortali (materiali, mentali, morali) inflitte ad un uomo? Eppure si sente aleggiare, tra i “benpensanti”, la gente “per bene”, che in fondo era un drogato, quindi aveva le sue colpe. La legge infame di cui sopra, tra l’altro accomuna marijuana e crack, eroina, cocaina, etc.: è come paragonare la camomilla ai barbiturici. Quanto al tenore di cannabinolo contenuto nelle piantine coltivate ai nostri climi, per una pianta che, a quanto mi risulta, è acclimatata bene in Libano e in Messico, credo ci sarebbe da discutere.. Per l’accusa di spaccio, basta ricordare che la perquisizione in casa di Aldo ha fatto ritrovare in tutto 30 (trenta!) euro. E Aldo non aveva conto in banca o in posta.
3. Mi dicono che il Pm che ha in mano l’inchiesta sia una persona seria, che vuole andare a fondo e trovare i colpevoli. Ma è quello stesso che ha fatto arrestare Aldo e la sua compagna. Possibile che non avesse saputo che così facendo avrebbe lasciato soli in una casa isolata sull’Appennino un minore (quattordicenne) con la nonna ultranovantenne dalla salute precaria?
4. Non ho nessuna fiducia che si arrivi a stabilire la verità tramite la “giustizia” italiana. Abbiamo troppi esempi in cui lo stato italiano ha coperto le colpe di delitti e stragi su cui aveva interesse che la verità non venisse fuori. Mi vengono in mente Piazza Fontana, Brescia, Bologna, l’Italicus, Ustica, il G8 di Genova, l’assassinio di Pinelli, in cui il primo responsabile a sua volta è stato messo a tacere in un modo che ricorda parecchio il caso Kennedy, mandando poi in galera gente che probabilmente non c’entrava affatto. Voglio vedere, (ma vorrei non vedere) se anche qui trionferà la logica degli omissis (magari non dichiarati) del segreto di stato, della vergogna. Siamo sicuri che tutte le morti avvenute in carcere in questi anni e catalogate come “suicidio” siano state veramente tali?
5. C’è un pezzo per pianoforte di Robert Schumann, triste, ma di una tristezza quasi incredula, che ripete in vari toni, la stessa frase musicale che è una disperata domanda : si intitola “Warum?”, perchè?
Giuseppe Bianzino
Grazie per aver condiviso questo documento importantissimo… La lettera di un padre che si vede morire un figlio per colpa degli agenti.
Come cantava de Andrè: “non mi uccise la morte ma due guardie bigotte
mi cercarono l’anima a forza di botte.”