Lo scorso weekend di lavori in Torchiera ci ha scaldato il cuore, ci teniamo a ringraziare i tanti, singoli o realtà, che, nei diversi modi, ci hanno portato e dimostrato la loro vicinanza e solidarietà. E’ confortante sapere di poter contare su una rete così vasta di amici e compagni pronti a condividere questo momento con noi.
Con loro, e con tutta la città, abbiamo il dovere di condividere la storia di questo incendio. Stabilire con esattezza cosa sia accaduto nella notte fra il 20 e il 21 novembre è impossibile; gli oltre 1200°C che si sono portati via la sala prove autogestita della Torchiera hanno cancellato ogni traccia delle cause dell’incendio. Ogni ipotesi resta possibile, non verificabile.
Ci sembra però necessario ora ragionare sul contesto in cui è divampato questo incendio.
Stiamo parlando di uno spazio autogestito da 19 anni, in un quartiere ai margini della città. Uno spazio che solo grazie agli sforzi di una continua autocostruzione è tornato a vivere, è stato ricostruito e reso molto più sicuro del rudere in stato di abbandono che era prima.
La Torchiera è oggi un crocevia della metropoli, collocato fra un “quartiere dormitorio” e una zona industriale e agricola investita, in particolare negli ultimi mesi, dall’ondata speculativa chiamata Expo2015. Un’ondata che si espande, sempre più simile ad un blob, dalla nuova Fiera verso Sud, passando per la Cascina Merlata, area che ha respirato nuove modalità di vita soltanto durante il Climate Camp dello scorso giugno, dopo anni di abbandono a se stessa in attesa di chissà quale cementificazione.
Nel nostro quartiere, la disumana riprogettazione di questa macroarea ha avuto un suo momento di svolta con lo sgombero del campo rom di via Triboniano. Un’operazione passata completamente sotto silenzio fra connivenze e sotterfugi vari, gestita con miopia sia dall’attuale che dalla precedente giunta. Non si parla più di cittadini o residenti, ma solo di grossi, grassi investimenti.
Basta uno sguardo veloce alla mappa della città per notare come la Torchiera resti fisicamente l’unico elemento “fuori dal coro”, stretta in questa morsa. E’ ovvio che questo stabile potrebbe essere un boccone appetibile in vista del fatidico appuntamento, come dimostra la tentata svendita di questi anni da parte del Comune tramite BNP-Paribas. Un unico ostacolo si è posto davanti all’operazione: gli occupanti che fanno vivere la Cascina da quasi 20 anni.
L’eventualità che qualcuno sia entrato in Torchiera per dormirci è probabile, in una città in cui le situazioni di disagio sono sotto gli occhi di tutti, e dove l’unica risposta di Comune ed Aler è un’initerrotta catena di sgomberi che attraversa l’intera città, da Giambellino a Quarto Oggiaro. Sappiamo tutti quanto sia difficile permettersi un affitto in tempi di crisi. Sappiamo inoltre come la “malagestione emergenziale” del quartiere ne abbia soltanto peggiorato la vivibilità, con il solo dormitorio della Protezione Civile che non è mai riuscito a soddisfare le richieste. Troppe sono le persone costrette ai margini e senza un posto dove stare, alla ricerca di un riparo diverso ogni notte.
Non è un segreto nemmeno il fatto che ad una serie di persone con una precisa visione politica non piaccia una presenza come la nostra, che in questi anni ha preso posizione rispetto alle tematiche politiche del territorio. Le vicende del quartiere hanno visto levarsi da questo luogo il grido antifascista che si opponeva all’apertura di Cuore Nero, con la nascita della rete Partigiani in Ogni Quartiere, che negli ultimi 3 anni ha unito migliaia di persone dalle piazze alle scuole.
Quali che siano le cause che hanno portato a questo incendio, una certezza la abbiamo: reputiamo vitale che i progetti che animavano gli spazi cancellati dalle fiamme (o fortemente intaccati dalla fuliggine) ripartano il più velocemente possibile, crescano e si diffondano anche all’esterno di questa Cascina. Noi ci crediamo, ma da soli non possiamo farcela e nemmeno lo vogliamo. I progetti partono dagli individui, che spinti da esigenze diverse si incontrano e li costruiscono insieme. E questo ciò di cui ha bisogno la Torchiera in questo momento: dei tanti, vecchi e nuovi, percorsi che la attraversano e la animano e che costituiscono le sue pratiche quotidiane di autogestione. E’ su questo che intendiamo rilanciare, a partire dai necessari lavori di pulizia e ricostruzione che proseguono in questi giorni.
C’è un ultimo punto che si ricollega evidentemente a questo incendio, sviluppatosi in una cascina che da 18 anni continua a vivere senza l’acqua. Acqua che ci è stata tolta da una politica miope nel tentativo (vano) di spingere gli occupanti ad andarsene, e che il Comune di Milano continua a negarci. Acqua che ci avrebbe dato la possibilità di affrontare l’incendio in una maniera evidentemente più facile. Acqua che continuiamo a rivendicare a gran voce in ogni occasione, e che rivogliamo in quanto diritto essenziale, al di là di concessioni sottobanco, benedizioni o riconoscimenti istituzionali.
Love is a burning thing.
Cascina Autogestita Torchiera senzacqua