Ci ricordiamo bene Genova 11 anni fa: chilometri di container ad impedire ogni sguardo verso il mare o verso la città, e dietro ai container centinaia di sbirri, blindati, carri armati a difendere l’incontro degli 8 grandi della terra.
Erano mesi che la tensione mediatica cresceva prefigurando scenari apocalittici, e lo stato italiano si era ben preparato a blindare la vetrina mondiale degli interessi economici e dello sfruttamento, cercando di mostrare un paese ligio e suddito, un paese consenziente.
Ma non tutti erano consenzienti e questo ha fatto saltare degli schemi. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza, determinate e non passive, incazzate e comunicative, ognuna con la sua modalità e la sua voglia di esserci. La risposta delle “forze dell’ordine” è stata unicamente di repressione e violenza: in piazza Alimonda era assassinato Carlo Giuliani, alla Diaz scorreva il sangue di manifestanti che lì passavano la notte, a Bolzaneto la gente veniva torturata.
Per tutto questo qualcuno in questi anni ha fatto carriera, qualcuno è stato condannato senza troppi danni, ma qualcun altro dovrà scontare anni di galera per essersi esposto dall’altra parte della barricata, per aver intaccato i simboli del potere e del denaro.
Così come non crediamo nella responsabilità individuale di chi in quei giorni massacrò e infierì su gente inerme, ma in un disegno politico ben più strategico, così non addossiamo alcun reato a chi, a mani nude, cercò di sabotare gli ingranaggi di un sistema più grande di lui. Le sentenze di Genova dimostrano chiaramente la volontà di accanimento e la scelta di capri espiatori per ciò che è stata una ribellione collettiva di tal portata da dover essere repressa a ogni costo.
Ma queste sentenze trovano nel presente e nel futuro il loro più grande significato politico: usare il reato di devastazione e saccheggio nei confronti dei movimenti sociali e di protesta è un’arma repressiva che minaccia di abbattersi in maniera aleatoria su ogni forma di contrapposizione agli interessi e ai poteri dominanti.
Siamo vicini ai compagni condannati, in carcere o latitanti: è la solidarietà di chi si ricorda Genova e vorrebbe sabotare in ogni modo oggi quegli stessi ingranaggi.
Lanciamo per GIOVEDI’ 26 LUGLIO, alle 21, un’assemblea pubblica in Torchiera per discutere e coordinare insieme le risposte e le iniziative dei mesi a venire. Siete tutte invitati!
Cascina Autogestita Torchiera senzacqua